Il prossimo 21 settembre, a sessanta anni dalla prima edizione, in un contesto molto diverso da quello in cui i fratelli Bellini la fanno nascere, prenderà avvio la BIAF, Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze. La città ospiterà per due settimane, facendo leva anche sul suo fascino, come in passato, mercanti d’arte e collezionisti provenienti da ogni parte del mondo. Anche se il settore antiquario, e Firenze, non sono più quelli in cui ad esempio vive e muore (proprio l’anno della prima edizione) Bernard Berenson. Le settantasette gallerie che partecipano quest’anno sono infatti specializzate in vari settori tra cui anche l’arte contemporanea. Impensabile ai tempi in cui “I pittori italiani del Rinascimento” del connoisseur lituano diventava un bestseller internazionale. La peculiarità della BIAF rimane quella di promuovere l’arte italiana e del suo mercato. I dipinti, le sculture, i disegni, le opere e tutti gli oggetti d’arte in mostra sono infatti realizzati da maestri italiani o da artisti stranieri che hanno avuto modo di lavorare in Italia. I connoisseur come Berenson, che accesero l’interesse per l’alta epoca italiana, sessanti anni fa erano autorità incontrastate nell’attribuzione delle opere. Anche questo è cambiato oggi.
Le opere delle fiere internazionali più prestigiose, sono ammesse alla vendita dopo avere passato uno scrutinio attento, fatto anche con mezzi scientifici. Il cosiddetto “vetting”.
Anche la BIAF si è dotata di comitato di Vetting. Suddiviso in 3 commissioni: Pittura e i Disegni, Scultura e Mobili e le Arti Decorative e formato da restauratori e storici dell’arte di fama internazionale, con un’indubbia conoscenza e un’autorevole preparazione. Dispiace constatare come tuttavia la diagnostica scientifica sembri ancora assente da questa procedura, indispensabile invece per garantire ai compratori la massima sicurezza. Ma la diagnostica offre comunque più di questo. Come dice Maurizio Salomon, storico dell’arte e gallerista, in uno degli spot realizzati per promuovere la fiera #amolarteperche, il desiderio di fare una scoperta è la spinta che muove l’appassionato. Trovare un pentimento, un disegno preparatorio, dettagli che non sono visibili ad occhio nudo, ti fa innamorare. Poche occasioni al mondo consentono di avere questo tipo di sensazione, di speranza, di sogno. E questo è ancora uguale a di sessanta anni fa. |