Di chi è l’arte pubblica?
il British Musem si rifiuta di far eseguire scansioni dei marmi del Partenone. Le repliche potrebbero essere loro offerte se consentissero di restituire i marmi alla Grecia
Supponiamo che vogliate studiare un’opera d’arte attualmente nella collezione di un museo statale, o comunale che sia.
Gallerie, biblioteche, archivi e musei (GLAM) sono state aperte nei secoli per consentire la condivisione del patrimonio culturale pubblico e svolgono un ruolo fondamentale per le comunità che servono. Forniscono risorse e servizi per il divertimento, l’istruzione, la ricerca e il progresso delle conoscenze e stimolano la creatività e l’innovazione al servizio dello sviluppo (sostenibile) globale.
Rendendo fruibili le loro collezioni, offrendo le loro risorse scientifiche, storiche e socioculturali, sia in loco che online, mettono in grado i cittadini, generazione dopo generazione, di costruire un futuro consapevole, informato, migliore, per se stessi e le loro comunità.
Tuttavia si fa spesso fatica a fare un passo in più; e rendere le collezioni veramente apertamente accessibili, condivisibili e riutilizzabili dal pubblico.
Avete provato a chiedere di fare un’analisi totalmente non invasive a fini di studio e divulgazione?
Le opere d’arte sembrano a quel punto diventare non più pubbliche ma proprietà di un direttore che 99 volte su 100 pone il veto. Perché? Certo non per problemi legati alla sicurezza delle operazioni, quando queste sono appunto totalmente non invasive. Sembra più la voglia di mantenere un certo monopolio.
Non sembra però un vizio solo italiano.
L’Institute of Digital Archaeology (IDA), infatti, regolarmente presenta, ormai da anni, la richiesta al British Museum di Londra, per eseguire una scansione 3-D delle sculture del Partenone conservate presso di loro, ma senza successo.
La richiesta, che il British Museum non confermerebbe né negherebbe di ricevere, si basa sul Freedom of Information Act (FOIA) del Regno Unito, approvato nel 2000, che prevede l’accesso del pubblico alle informazioni detenute dalle autorità pubbliche.
Ma al museo nicchiano. L’avvocato dell’IDA ha quindi compiuto un passo legale nel tentativo di costringere il museo a consentire di procedere con la scansione.
L’IDA è un convinto sostenitore del ritorno delle sculture del Partenone a Atene, come richiesto da anni dalla Grecia.
L’obiettivo finale delle scansioni è infatti quello di creare delle “repliche” che potrebbe sostituire le sculture all’interno del British Museum lasciando che gli originali vengano rispediti ad Atene.
Le sculture del Partenone, denominate anche i marmi di Elgin, furono infatti rimosse dall’Acropoli all’inizio del XIX secolo da Thomas Bruce, conte di Elgin, quando prestava servizio come ambasciatore della Gran Bretagna presso l’Impero Ottomano, che allora occupava la Grecia.
Molti altri musei stanno compiendo passi in questa direzione, restituendo le opere alle comunita’ di origine.
Ma anche quando non ci sono in gioco questioni così complesse per le opere, i direttori dei musei sembrano in molti casi considerarsi più proprietari che custodi.
