Fondi oro, pandemie e altre faccende contemporanee
C’è stato un tempo non troppo lontano in cui i “fondi oro” erano la massima aspirazione. In cui miliardari americani facevano di tutto (anche comprarsi dei falsi) pur di avere un’opera del medioevo italiano. Per sentirsi ed apparire colti e raffinati.
Poi il declino.
Ma è vero che non hanno più niente da dire oggi?
Per provare a sovvertire questa percezione la Frick Collection ha colto l’occasione del trasferimento temporaneo della sede su Madison Avenue, a New York, per ridisegnare l’allestimento e sollecitare i visitatori a vedere con occhi nuovi. Non solo i dipinti, i mobili, gli smalti, i bronzi, le porcellane e i tappeti che prima convivevano l’uno sull’altro in ambienti sontuosi, sono ora esposti in un luogo lineare e quasi spartano, ma sono anche stati ridotti a poco più della metà e raggruppati per la prima volta per provenienza, tipologia e cronologia.
Del resto tante sono le opere, tantissime, che abbiamo a disposizione on line. Cosa può aggiungere la musealizzazione, quali spunti di riflessione e di interesse può offrire, oltre a essere il contenitore fisico di una collezione?
L’idea della Frick è opposta a quella di riportare le opere nei luoghi per cui sono state create. Si sceglie piuttosto di isolarle per permettere al visitatore di concentrare l’attenzione su ciascuna di esse.
Per illustrare questo approccio, ed i suoi vantaggi, viene, ad esempio, descritto qui il caso del pannello raffigurante la Tentazione di Cristo sul monte, dal Vangelo di Matteo, opera di Duccio di Buoninsegna.
Se invece di passare oltre, ubriacati dai troppi stimoli proposti da allestimenti sovraffollati o dalle migliaia di immagini su Instagram, ci fermiamo a guardare, si apre un mondo di conoscenza, al di là dell’apprezzamento della piacevolezza narrativa della composizione.
Si può infatti imparare che il dipinto faceva parte della predella del retro della Maestà del Duomo di Siena smembrata per fare cassa quasi 5 secoli dopo la sua creazione, nel 1771, e scoprire che parla del dialogo, sempre attuale, tra il bene e il male, impersonati da Cristo e da un diavolo. Diavolo che ha ali da pipistrello, perché questi, animali notturni, mezzi mammiferi e mezzi uccelli, rappresentavano la perdita della chiarezza, della limpidezza del bene.
Una volta offerta una chiave di lettura, diventano per l’osservatore interessanti tutte le scelte del pittore nel rendere un soggetto così denso di simbologia. Scelte che riflettono la novità dell’arte italiana, che si affranca da quella bizantina, ad esempio nel realismo del volto di Cristo e anche nel rappresentare queste città turrite, dai toni pastello, su monti scoscesi e quasi privi di vegetazione.
A cui si aggiungono quelle che ha comportato l’aver attraversato tanti secoli e tante mode. I due angeli, per esempio, sono stati dipinti successivamente da un’altra mano, modificando in modo profondo l’equilibrio della composizione.
Adesso che l’avete vista da vicino, non ne siete innamorati?
Duccio di Buoninsegna è uno dei maestri che Art-Test ha avuto il piacere e l’onore studiare e che è entrato a far parte di “Sotto l’oro” un database che comprende100 dipinti della Pinacoteca Nazionale di Siena, la prima raccolta di analisi diagnostiche e storico-artistiche su questo opere
Durante questo lavoro, abbiamo anche indagato questa tavolaetta, del Sassetta, con altri diavoli, così impressionanti che si è arrivati a deturparli per cercare di annientarne i poteri. E dove l’oro lascia lo sfondo e la pretesa di imitare l’oreficeria per diventare un pigmento.
La lotta tra il bene e il male è sempre affascinante. Ma la tavoletta di Duccio potrebbe anche raccontare la storia della pandemia del trecento, della peste che annientò Siena, del paesaggio che cambia, dell’arte al tempo di Dante, del collezionismo e dei traffici di arte all’inizio del Novecento, del cambiamento del gusto, dell’idea di tutela del Patrimonio Culturale, di una tecnica che ha permesso alle opere di arrivare quasi intatte fino a noi.
Non male per un vecchio fondo oro fuori moda.
