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riflettografia multispettrale

 

Un tuffo nella Madonna del Cardellino, per scoprire la tecnica di Raffaello

Raffaello ancora giovane dipinge uno dei quadri che rimarranno nell’immaginario di tutti.
Volete vedere come ha fatto?
Con la Riflettografia Multispettrale possiamo visualizzare tutti i passaggi che sono stati necessari per arrivare a questo capolavoro!

Vediamo che, come prima cosa, Raffaello ha usato il metodo di riporto da disegno preparatorio tramite spolvero, di cui sono visibili i puntini tracciati sui contorni (cfr ir7).

Poi ha “unito i puntini” e tracciato la composizione con una matita, rifinendo e in alcuni casi cambiando i dettagli (crf ir7+ir5, e soprattutto il cerchio rosso).

La riflettografia infrarossa metodo multispettrale consente anche di vedere un passaggio che altrimenti (ad esempio con una acquisizione infrarossa a scansione a banda larga) non sarebbe visibile. Ovvero la parte di definizione dei volumi con un medium liquido a pennello. Vedete ad esempio l’ombreggiatura della torretta , che costruisce il volume (cfr ir1+ir5+ir7 nel cerchio blu).

L’ultimo passaggio è l’applicazione del colore, per questa è sufficiente una buona fotografia!

Tante altri dettagli sono visibili in queste immagini diagnostiche. Se volete saperne di piu’ contattateci o seguite uno dei nostri corsi!

Se poi volete applicare questa tecnica ad un vostro dipinto, siamo a vostra disposizione!

Buon Compleanno Raffaello

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perla di modena

 

Buon Compleanno Raffaello!

Oggi, in occasione del #RaffaelloBday vi raccontiamo il nostro emozionante incontro con questo grande artista.
Tutto ha avuto inizio con il ritratto di una donna rimasto dimenticato per decenni in una stanza di un palazzo del Nord Italia
Il ritratto fu posto negli Anni Settanta in un magazzino del Palazzo Ducale di Sassuolo vicino Modena, un tempo una delle roccaforti della dinastia d’Este, i duchi di Ferrara, Modena e Reggio Emilia che furono tra i mecenati di Raffaello. All’epoca gli esperti dissero che si trattava probabilmente della copia del XVII secolo di una pittura della scuola di Raffaello, ora conosciuta come la Madonna della Perla del Museo del Prado di Madrid.
Durante gli anni in cui Mario Scalini era Sovrintendente per i Beni Artistici di Modena e Reggio Emilia, questi notò il dipinto durante l’inventario del magazzino:
“La prima intuizione l’ho avuta notando l’altissima qualità del dipinto, ma ciò che veramente mi ha portato sulla giusta strada è stato guardare da vicino alla cornice, una superba cornice seicentesca. Sarebbe stato veramente insolito riservare una cornice così prestigiosa per un’opera che fosse considerata di poco conto”.
Dopo alcune ricerche trovò le annotazioni di un antico inventario che parlavano di un ritratto di donna opera di Raffaello appartenente alla collezione della famiglia D’Este
L’opera (dimensioni 30×40 cm) fu inviata ai laboratori di Art–Test di Firenze dove, grazie all’esclusiva analisi stratigrafica con metodo brevettato Multilayer (brevetto Art–Test) è stato possibile scoprire ciò che era rimasto coperto da strati di ridipinture. Le analisi hanno rivelato la presenza di tre strati sottostanti, dovuti a interventi di restauro effettuati nei secoli XVI e XIX, compreso il disegno preparatorio dell’artista originale.
La diagnosta di Art–Test Firenze, Anna Pelagotti, ha detto: “E’ stata una bella emozione, siamo rimasti a bocca aperta”.
La restauratrice Lisa Venerosi Pesciolini ha osservato come i seguenti ritocchi, dal XVII al XIX secolo, abbiano “ammorbidito” l’opera originale per avvicinarla al gusto dei contemporanei.
E’stato possibile giungere al disegno originale sotto gli strati, comprovando l’intuizione di Mario Scalini. Grazie alla collaborazione dei direttori del settore conservazione del Museo del Prado, Carmen Garrido e Rafael Alonso, è stato possibile confrontare le dimensioni fisiche e il disegno della famosa Madonna con il dipinto in esame: le due opere sono perfettamente identiche per dimensioni e disegno.
Gli esperti sono ora del parere che il dipinto di Modena sia la prima versione.
Il motivo per cui chi l’ha studiata precedentemente non è stato in grado di notare la somiglianza è che l’opera è stata modificata per adattarsi al gusto post Rinascimentale, ma ora, grazie alla strumentazione di Art–Test, è stato possibile riportare alla luce la storia di questo magnifico ritratto.
Art–Test ha contribuito, con analisi multispettrali (XR, IR, VIS, UV), macrofoto e analisi XRF al ritrovamento di un perduto dipinto di Raffaello.
I dettagli di questa affascinante scoperta e l’evidenza provata delle analisi sono stati pubblicati nel libro: “La Perla di Modena: un Raffaello ritrovato“.

In foto
Immagini Multispettrali e Metodo Multilayer: Visibile RGB, UV RGB calibrato, Layer 1, Layer 4, Layer 5, Layer 7, IR850nm, IR1050 nm, IR Scanner 1700nm

…Raffaello?

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raffaello1

 

RAFFAELLO2020 -2 GIORNI A RaffaelloBDay

Nel Cinquecentenario dalla morte di Raffaello, attribuzioni o presunte tali hanno visto un incremento come mai prima. Diciamoci la verità chi non vorrebbe possedere un capolavoro, a chi non piacerebbe trovare nella propria soffitta un Raffaello perduto?

A giocare un ruolo fondamentale sono le aste, infatti nell’ultimo anno, sono stati battuti molti fra dipinti e disegni attribuiti, almeno inizialmente, probabilmente a fare da specchietto per le allodole, a Raffaello.
L’ultimo non più tardi dell’ottobre 2019 dalla casa d’aste Dorotheum, una Madonna con Bambino, che ha raggiunto una cifra di oltre 1 milione e 600 mila euro circa. L’opera è stata sottoposta ad un esame storico-artistico e di laboratorio nel tentativo di stabilirne la paternità. La riflettografia infrarossa mostra un disegno soggiacente, eseguito sulla superficie preparata della tavola lignea. È stato visto un disegno paragonabile al primissimo stile raffaellesco.
Tutti ben sappiamo, che quando il pittore era ancora in vita, era molto stimato e soprattutto imitato, molte erano le copie realizzate da artisti contemporanei. Siamo anche consci di quanto fosse oberato di lavoro, molto spesso delegava i compiti alla bottega e agli assistenti più fidati e capaci, non prima di aver realizzato il disegno preparatorio.
Non è quindi facile stabilire, con una semplice analisi visiva, quale sia un dipinto eseguito da Raffaello e quale no.
Quel che è certo è che una campagna diagnostica approfondita aiuterebbe la casa d’asta, ma soprattutto l’acquirente a non prendere sviste.

Dorotheum Galleria degli Uffizi Musei ItalianiScuderie del Quirinale

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RAFFAELLO2020 -2 GIORNI A RaffaelloBDay

Oggi vogliamo parlarvi degli strumenti utili per l’attribuzione, quelli del passato e quelli contemporanei, e di come una lettura corretta di tutte le informazioni possa essere il curriculum perfetto per un’opera.

Fin a non troppo tempo fa lo studio per l’attribuzione di un’opera d’arte si è basato su considerazioni stilistiche e fonti documentali sulla sua provenienza. Conseguentemente, su queste basi soltanto se ne è determinato il valore commerciale, causando talvolta la fortuna di una versione a discapito di un’altra.
Negli ultimi anni si sono aggiunte le analisi diagnostiche, che hanno favorito efficacemente la conoscenza approfondita dei modus operandi degli artisti, con dati scientifici sulla tecnica e sui materiali utilizzati. Per le singole opere, i risultati possono in prima battuta evidenziare anacronismi, e, in generale, sono materiale di confronto con la produzione dello stesso presunto artista.
Quando tutti i dati non presentano incongruenze e anzi sono in linea con quanto documentato su opere certe, si arriva a supportare scientificamente l’attribuzione.
Con lo scopo di approfondire la conoscenza di alcuni artisti, sono state progettate campagne diagnostiche, con un protocollo prestabilito, su un congruo numero di opere, unanimemente considerate autografe, per creare database sia pubblici che privati. Questi database permettono l’accesso ad informazioni organizzate secondo la tipologia di analisi e/o fonti documentali.
Anche Raffaello ha il suo database online!
Infatti, alla copiosa letteratura scientifica pubblicata in atti di convegni e studi privati, si è aggiunto negli ultimi anni un database, pubblico, sponsorizzato dalla National Gallery of Scotland e da The Royal Collection. Il database fornisce sia informazioni documentali che tecnico scientifiche, dati utilissimi perché pubblici, mentre la bibliografia scientifica spesso è accessibile a pochi studiosi.

Il Raphael Project è tra i pochi creati per artisti che sono pietre miliari nella storia dell’arte. Auspichiamo che presto molti altri siano realizzati e condivisi.

Navigate in questo database, potrete scoprire tante cose sulla tecnica di Raffaello!

https://cima.ng-london.org.uk/documentation/index.php

#4aprile
#arteinquarantena
#andratuttobene
#labellezzacisalvera’

 
 

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Raffaello2020 -3 giorni a RaffaelloBday

Nel Rinascimento il disegno fu considerato l’arte per eccellenza, fino ad essere indicato come una forma d’arte autonoma.
Raffaello è stato un artista dal segno espressivo e immediato.

Brandi, nel suo “Disegno della pittura Italiana” così definisce il disegnare di Raffaello:
[…] Fra Bartolomeo fu anche tramite fra Leonardo e Raffaello, il quale, venuto a Firenze, non fu mai leonardesco in senso proprio, ma con quella stupefacente capacità di ricezione immediata e di immediata spontanea elaborazione, assorbì da Leonardo quello che, per lui abituato ai ritmi rarefatti e lineari del Perugino, rappresentava la sostanziale novità: l’interiorizzarsi alla figura di uno spazio infinito, che, nella costruzione piramidale si ricostruiva in una finalità diversa da quella della figura singola, e che nella torsione michelangiolesca come attivazione dinamica trovava invece la clausola finale, nono già statica ma catartica. […]
[…] Grandissimo disegnatore Raffaello, anche nella linea mantiene quel riserbo sovrano, la malleabilità, la duttilità che non fanno mai sentire lo studio e lo sforzo. La sua pittura sembra nata di getto, e gli studi per essa risultano altrettanto completi e definitivi come se fossero fine a se stessi.

Per i diagnosti come noi, i disegni preparatori di un’opera, se esistenti, sono da considerarsi come una fonte documentale, facente parte di una bibliografia scientifica che verrà studiata ed utilizzata per la comparazione dell’underdrawing, fondamentale nello studio di dipinti inediti o di incerta attribuzione.
Ma ancor più per delineare uno studio della tecnica sempre più approfondito.

Photo Credits:
Madonna del Cardellino: Foto in luce diffusa (da web); Disegno: disegno preparatorio, 1506, inchiostro su carta, 23×16,3 cm, Oxford, Ashmoleon Museum, Inv WA1846.160;
Riflettografia Infrarossa:@INOA-CNR Scanner IR 1700nm

Madonna del Divino Amore, photo Credits: http://www.museocapodimonte.beniculturali.it/litalia-chiam…/

#3aprile
#arteinquarantena
#andratuttobene
Museo e Real Bosco di Capodimonte
Ashmolean Museum

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To Selfie or not  to selfie

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To Selfie or not  to selfie

Selfie” in 2013 was elected as “word of the year”, and still maintains its place in the vocabulary. Selfies are not just an ephemeral fashion and it doesn’t matter if the first assonance is with selfish. Being is sharing and if you don’t share, you are nobody.


Art often ends up being just a background. And more than enjoying the moment, it appears a spasmodic anxiety of showing that moment in which we are ourselves in front of that important monument. Works of art and more or less famous architectures are often perceived only as an impressive scenography, and the time of the visit is consumed in a few quick gestures: framing, shooting, posting.

It is, clearly, a transitory, ephemeral moment: the sharing of our selfie becomes the essential part, the place where it is done becomes secondary, however fascinating or famous is the location, it all boils down to a paradoxical and grotesque snapshot in which the viewer becomes an integral part of the work of art, as protagonist, of course.

What is needed is to attract attention, and the only requirement concerning the artwork is that it has to be photogenic, amazing, in short, “instagrammable”. 

But this has also a positive side. In fact, this ever more pervasive need to show the place where we are, feeds curiosity and more and more “influencers” are attracted by the desire to immortalise themselves right in front of a work of art or monument. This could be a powerful tool for cultural dissemination.

More and more museums, which previously prohibited taking photographs, now are the first to invite and photograph the artworks, invent hashtags to publicise and share news about the exhibitions or the planned events.


This is a different way of bringing more people closer to art. Certainly very direct and effective.
Whether it is artistic or not, therefore, today the “selfie” represents a creative medium to convey culture, together with thoughts, stated of mind, social conditions.

 

Federico Zeri confesses himself!

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Mai con i quadri

Federico Zeri, one of the most famous Italian art historians (also for having resigned from the Board of Directors of the Getty of Malibu ‘following the acquisition of a Kouros later proved false), a tireless researcher and distinguished populariser, who on his death in 1998 left a gigantic photo library at the University of Bologna, went more than once on the subject of forgery in the art market.
But it is perhaps in the detective story, set in Rome, and published just before his death “F. Zeri-Carmen Iarrera, Mai con i dipinti. Romanzo, Milano, Longanesi, 1997”) that he lets himself go to a confession without havoc on the tongue: rich but arrogant collectors, unscrupulous merchants and conniving professors, thanks to a market without rules and without control, where, however, transitions are millionaires. But he also covers scientific analyses that are able to uncover fakes and forgeries … when they are done by professionals.
Here are some more brazenly impudent excerpts, for those who already know and for those who still dream …


(…)
For this reason, trusting their own nose (and the antiquarian who managed to get into their graces), rarely asking for the opinion of an expert, they pay without blinking astronomical sums, with no questions asked, satisfied to have got their hands on any crust that they considered something unique, rare, precious.
They are even more satisfied if you give him the illusion that the painting, kept for centuries in a family of ancient lineage, was on sale for half of its value only because the family was pressured by unpleasant, contingent, ineluctable financial necessities.
Old practice, this of “supporting” a painting. It is actually enough to find a suitable canvas, to have it restored if needed, to find an expert who attributes it to a more or less illustrious painter and to have the complicity of some fallen nobleman who, well oiled, swore that this painting came from the ancient and famous collection of his grandfather or that it was found by chance, after decades of oblivion, in his old aristocratic country residence.

Making a fake from scratch today is very difficult. In paintings, I mean, because for example in sculptures it is easy. It is enough to melt ancient coins to make a beautiful Greek or Roman fragment with a bronze that, of course, will be ancient to all analyses. Or you take a marble bust of good workmanship, save the face and chisel the drapery well, copying, for example, the style of Donatello’s drapery and attributing it to him or his school. Only an extremely skilled eye, at that point, could establish that the sculpture was manipulated. For paintings no. For paintings it is different because quartz lamps or infrared rays do not forgive.
“So you can’t cheat?”
The lieutenant laughed. The one who wants to cheat, cheats anyway. He takes a ruined picture, sometimes even a crust and corrects it to make it appear by another author. Or he manipulates it.
(…)
“I’ll give you an example. There is a painting school in Seville. They are all still lives, painted on oblong horizontal paintings. Generally, they represent tables with three groups of objects. A basket of fruit, or say, of loaves, of quinces.
If we have a dishonest merchant he takes the picture, he cuts it in three pieces, takes the basket with peaches, and passes it off as an Italian still life, Lombard, for example of Fede Galizia or Panfilo Nuvoloni, and earns a lot of money.”
“But can’t you see it?”
“Of course you can see. It would be enough to go and look at the margins to discover that the canvas is cut. But who does it?”
“The experts”
“Well. Of course there are those honest and competent, but there are also the so-called experts who are neither this nor that”.

(..)
“Most of the so-called experts work in agreement with the antique dealers and promote real poor paintings by attributing them to this and that, producing expert reports full of gaps where, for example, they never specify, and never means never, the conservation status of the object”.

(…)
“And is there no control?”
No. Because there is no register of authorized experts. And whoever does an assessment practically does not bear responsibility for it. At worst, he says he was wrong. His or her prestige is at stake, but they do not end up in jail. It would be enough to make a law in which it is established that whoever signs an appraisal is responsible for half of the value attributed to the object and then, yes, we could be certain. Instead, as things are, anyone can write that a crust is a masterpiece. There are certain university professors who do not deny an expertise to no one, and most of the time they do not even pay taxes”.

Art -Testiamo: Modigliani, a wasted opportunity

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Modigliani1

Part of our job is to visit as many exhibits as possible. This is why we went to Livorno. The city that gave birth to Modigliani, exhibits his works not far from the place where the famous “heads” were found. Goliardic prank that, perhaps, marked the destiny of Modigliani‘s works, constantly questioned on autography.
Just before the exhibition entrance, we find the “comment book”, where the last one catches our eye. The note expresses great disappointment.

Past the cerulean tent, we found a conspicuous group of various artists, with who Modigliani shared not only a few years of artistic life, but also, patrons, like Zborowski, who paid him since 1915, and collectors like Netter. The importance of the Netter collection in the history of Modi’ is particularly evident in this exhibition and this gives a great insight on the market dynamics around Modigliani. 

Among all works, our attention is caught by “Hanka Zborowska” (pencil on paper, 42 x 26 cm), and on how the sheet of paper used could be part of a block on which Amedeo drew. In fact, looking at the page in raking light, we can see a tracing mark, due to the pressure of the pencil on the previous sheet, that probably drew a portrait.


The space reserved for Modi’ is the very intimate, perhaps too much, only a fifth of the exhibited works. Leaving this area, we find ourselves again among his contemporaries, belonging to two great collections mentioned in the subtitle of the exhibition, Netter and Alexander
We go out, leaving the cerulean tent behind, and we think back about the comment read about an hour before. In fact, we also experienced a sense of unfinished: the sentence “300 francs a month for the material needed, canvases, colors” mentioned in one of the explanatory panels comes to our mind.


We would have loved to know what canvases, what colors. Crucial information especially for this artist, from whom high and low quality copies are known, and for the moment market goes through. We would have loved if some scientific elements would have been shared, so to share understanding of his technique and therefore his poetry.
As a side note, we, always looking for repentances on the works on display, have discovered some interesting details. We share with you some images, but why not going and verifying directly?

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