Quando la diagnostica rimette in discussione le certezze dell’arte. Le opere del Periodo Blu di Picasso
In mostra a Washington i risultati di indagini scientifiche su 3 importanti dipinti di Picasso: un vero e proprio tripudio di informazioni che conferma come le analisi possono cambiare il corso della storia dell’arte
Fino al 12 giugno 2022 la Phillips Collection di Washington DC ospita la mostra Picasso: Painting the Blue Period, che riunisce oltre novanta opere fra dipinti, disegni, sculture e interventi su carta, realizzate da Picasso a inizio carriera, nel suo Periodo Blu.
La rassegna americana regala al pubblico interessanti punti di vista sul processo creativo di Picasso, svelando alcuni dettagli “nascosti” sotto la superficie pittorica. La mostra infatti porta alla luce studi e indagini iniziati nel 2014 e poi proseguiti fino a oggi su tre diverse opere del pittore spagnolo datate tra il 1901 e 1903, tutte e tre realizzate da Picasso su tele di riciclo, operazione che l’artista compie tantissime volte.
Si tratta della “Stanza blu” del 1901, de “La mendicante accovacciata” datata 1902 e infine de “La zuppa” del 1903.
Le ricerche sono state condotte dallo Sherman Fairchild Conservation Studio, che è parte della stessa Phillips Collection, e che ha usato raffinate tecniche, come l’imaging in infrarosso e le mappature con fluorescenza X, consentendo di riportare in superficie dettagli celati sotto lo strato pittorico, e rivelando il tumultuoso e rapido processo creativo adottato dal pittore spagnolo.
“La Stanza blu” è stato scansionato ben quattro volte (l’ultima nel 2019) con strumenti sempre più raffinati e sensibili, per riuscire a “sfogliare” la storia dell’opera. E così è emerso con grande chiarezza quello che più di 60 anni fa si era sospettato. Infatti già ad occhio nudo si vede che parte della vernice riflette le pennellate in direzioni diverse rispetto alla composizione visibile, e da lì il sospetto che ci fosse qualcosa sotto.
Combinando i dati diagnostici, gli scienziati hanno evidenziato cosa effettivamente ci fosse: il ritratto di un uomo sconosciuto, con un fiore rosso sulla camicia, elemento forse utile ai fini del suo riconoscimento.
Questa è la prima delle tre grandi tele del Periodo Blu che i visitatori della mostra incontrano. L’opera era intitolata La toilette quando Duncan Phillips la acquistò nel 1927 come sua prima acquisizione del pittore spagnolo. Sulla sinistra è raffigurata una donna nuda che si lava su un largo catino in una piccola stanza con alcuni semplici mobili, un letto disfatto sullo sfondo, un tappeto colorato e infine un tavolo con fiori.
La posa della donna non può non evocare le figure di Degas. Ma sul muro di fondo della stanzetta Picasso ha inserito anche due quadri, e cioè un suo paesaggio marino e il poster “May Milton” di Henri de Toulouse-Lautrec del 1895. Dunque Degas e Lautrec, i suoi idoli.
La stanza raffigurata era il monolocale che Pablo abitava al 130 di Boulevard de Clichy, all’ultimo piano. Questo quadro ci dà dunque un’idea precisa degli interni di questo appartamento, mostrandoci che lo studio era utilizzato anche come soggiorno, camera da letto e bagno.
Grazie dunque alle nuove analisi fatte sull’opera, e soprattutto sul dipinto sottostante, gli studiosi ora pensano che il ritratto dell’uomo sia stato eseguito a metà dell’estate 1901, mentre la versione finale, “La stanza blu”, risalirebbe alla metà del novembre successivo (anche perché tra i due diversi strati di pittura non ci sono depositi di polvere, per cui sono stati fatti a distanza di non molto tempo). Finora invece si datava l’opera finale all’estate del 1901. Potrebbe sembrare un cambiamento da poco (estate vs novembre, pochi mesi in fondo) se non fosse che quell’anno, il 1901, è stato cruciale nella produzione di Picasso, e anche solo pochi mesi di differenza ci possono far comprendere meglio l’evoluzione della sua arte. Infatti il pittore spagnolo aveva dichiarato al suo biografo Pierre Daix che il suo Periodo Blu era cominciato in seguito al terribile suicidio del suo amico Carlos Casagemas. A questo punto è necessario ripercorrere le tappe di questa vicenda per capire meglio quella artistica. Con Carlos si erano conosciuti diciannovenni a Barcellona ma la città, per quanto viva, non era abbastanza per i sogni dei due ragazzi. Così, nel settembre del 1900, i due approdano a Parigi e aprono i loro studi in un appartamento a Montmartre, cominciando a frequentare e a godere della vita notturna parigina, grazie al denaro messo generosamente a disposizione da Carlos, poeta, pittore, e figlio di diplomatico. Così i due conoscono Louise Lenoir (detta Odette) e la bella Laure Gargallo (chiamata Germaine). Picasso inizia a frequentare Odette, mentre Carlos, innamoratissimo, si vede con Germaine. O meglio, lui si innamora pazzamente della ragazza, vuole fare sul serio, forse persino sposarsi, ma per la ragazza la storia è solo un’avventura, e, non ricambiando il giovane, ha altri amanti. La storia finisce, e Carlos cade nella depressione più temibile. Proprio per cambiare aria, Pablo propone all’amico una vacanza nella propria città natale, Malaga, dove i due arrivano il 30 dicembre del 1900. Ma mentre Picasso rimane in Spagna, recandosi anche a Madrid, Carlos rientra a Parigi quasi subito, roso dalla gelosia, e lì avviene il dramma.
Il 17 febbraio 1901, Casagemas invita alcuni amici, tra cui Germaine, al ristorante Hyppodrome in boulevard de Clichy. Durante la cena, il catalano si alza e, dopo un farneticante discorso, tira fuori una pistola e la punta verso Germaine, che si protegge dietro un ospite. Lui spara, non la colpisce. Allora Carlos punta la pistola contro la propria tempia e si uccide all’istante. È soltanto al suo ritorno in Francia che Picasso apprende la terribile notizia. E ne rimane estremamente colpito, molto probabilmente anche per un forte senso di colpa verso l’amico, avendo anche lui frequentato Germaine.
Dal momento che Picasso aveva dichiarato che quella tragedia lo aveva fatto “iniziare a dipingere in blu“, si era sempre datato l’inizio del Periodo Blu con l’estate del 1901, e si riteneva che la “Stanza blu” fosse una delle primissime opere.
Dopo le analisi invece è evidente che Picasso, tornato a Parigi, continuò a dipingere con il suo precedente stile, con molti colori anche accesi (come rivelato nel ritratto di uomo sottostante), e fu solo alla fine dell’anno che l’angoscia per la morte dell’amico prese il sopravvento, tanto da fargli cambiare anche la tavolozza oltre ai soggetti, virando tutto sui freddi toni dell’azzurro. Patricia Favero, conservatrice associata presso The Phillips Collection, ha osservato che questa successione “ci dà un’idea dello sviluppo di Picasso nel corso di quell’anno“.
Un’altra piccola conseguenza di questa differente datazione è la differente comprensione dell’omaggio di Picasso a Toulouse Lautrec. Infatti il pittore francese era morto il 9 settembre 1901 a soli 36 anni e dunque, l’inserimento alla parete dell’affiche “May Milton” è evidentemente un omaggio post-mortem che Picasso gli ha voluto rendere.
Tornando alla mostra, oltre alla “Stanza blu”, sono presenti anche altre due opere del Periodo Blu provenienti dall’Art Gallery of Ontario, “Mendicante accovacciata” del 1902 e “La zuppa“ del 1903, e anche su queste sono stati compiuti indagini e studi approfonditi, fornendo così ulteriori nuove informazioni sul processo creativo di Picasso.
Dalle analisi tecniche è emerso che, nella prima versione, la “Mendicante” teneva in mano qualcosa, forse del pane (o una ciotola), ma evidentemente poi Picasso cambiò idea e avvolse entrambe le mani nel mantello della donna, dando un senso di solitudine molto più forte. Ma le sorprese non sono finite: le scansioni dell’opera hanno mostrato un paesaggio sottostante che è stato riconosciuto da Josep Laplana, direttore del Museo di Montserrat, come la veduta di un parco che all’epoca era privato e che ora appartiene alla città di Barcellona. Anche se questo crea un problema, poiché non c’è traccia che Picasso abbia visitato il parco, che all’inizio del XX secolo pare chiuso. Si ritiene che il paesaggio dunque sia di un autore ignoto e che Picasso l’abbia abilmente incorporato nella figura della donna accovacciata.
“Questo tipo di informazioni ci permette di entrare nella mente di Picasso, di capire le sue posizioni creative, di essere in grado di avere un’idea migliore del suo stile di lavoro in questo periodo davvero critico all’inizio della sua carriera“, ha dichiarato il professor Walton, ricercatore di uno dei centri che ha collaborato all’analisi.
Infine, ne “La zuppa” del 1903 le analisi hanno evidenziato che Picasso aveva raffigurato in un primo momento una figura maschile che dava del pane a un ragazzo (o una ragazza), ma che poi trasformò la scena in una donna che dava una ciotola di zuppa a una ragazza. L’immagine era una “ossessione” per Picasso, secondo Behrends Frank: “Stava lottando con l’idea di come trasmettere qualcosa sulla carità universale associata alla zuppa come forma di nutrimento“. “Pensiamo alle mense dei poveri anche oggi. Picasso, stava cercando di trovare un modo per universalizzare questo concetto senza che divenisse un’immagine di genere“.
Dunque i risultati di queste indagini si rivelano un vero e proprio tripudio di informazioni che conferma come le analisi scientifiche approfondite sulle opere d’arte possano continuamente e inaspettatamente fornire indizi e dati capaci anche di cambiare il corso della storia dell’arte.
