Non è un’antologica, non ci sono tutti i Modigliani possibili, neppure tutti i Modigliani “sicuri” ma è una mostra dove il pittore è più presente di tante altre volte. E da cui forse si può ripartire con un nuovo approccio per le attribuzioni.
E’ stato il Métropole Musée d’Art Moderne, d’Art Contemporain et d’Art Brut di Lille realizzare quella che per noi può dirsi una mostra epocale sull’italiano Amedeo e francese Modì. Annunciata già da tempo, ma bloccata per il COVID, abbiamo tenuto d’occhio l’apertura di questa mostra per circa un anno, incrociando le dita e sperando di poterla finalmente visitare, e lo abbiamo fatto!
3 grandi ambienti, 3 dipinti, tantissime foto e video a documentare scientificamente Modigliani.
Una mostra che in ogni sua parte ha colpito nel segno (e nel nostro cuore di diagnosti). Accoglie il visitatore un’idea straordinaria: le riproduzioni a grandezza naturale di tanti dipinti di Modigliani (tra cui quelli in mostra), fotografati tutti in “recto e verso”, e appesi in modo scenografico, ma anche in modo da poterne studiare sia il davanti, sia il retro, vedere il telaio, le etichette, tutto quello che normalmente non si mostra. Quasi fosse da nascondere la materia di cui sono fatti i dipinti.
Tre dipinti autografi in totale, solo uno non in collezione permanente, e una serie di altri “espedienti” arricchiscono l’esperienza e permettono di conoscere in profondità le opere e il pittore alle prese con la loro creazione.
Un tavolo con monitor illustra le tecniche diagnostiche e i risultati ottenuti con fluorescenza UV, riflettografia IR e radiografia. Nell’ambiente centrale, in quella che normalmente è una cassa per trasporto fineart, un altro monitor proponeva in loop un video sull’approccio di una restauratrice ad un’opera di Modigliani.
Nella stessa stanza è poi visibile un documentario in cui viene raccontato, con le immagini diagnostiche, spiegate bene, come una tela fu riutilizzata quasi 10 volte.
Infine una terza stanza dove il telaio, che per le attribuzioni di opere a questo artista ha un ruolo tutt’altro che marginale, è protagonista, insieme ai pigmenti e leganti scelti da Modì, anche loro esposti.
Alle pareti oltre ai dipinti pannelli in cui si affrontano varie tematiche, tante altre informazioni; ad esempio una mappa dei negozi in cui Modì si riforniva a Parigi, ma anche uno studio su come l’occhio di un osservatore si muove su un dipinto di Modì e perché.
Una mostra così l’avremmo voluta vedere in Italia. Diamo merito a chi ha pensato che mostrare quel che non è visibile ad occhio nudo e quel che normalmente viene nascosto potesse essere attrattivo.
Ma quest’ esposizione è qualcosa di più. È il primo passo per uno studio “libero” sulle opere di Modigliani. Opere certe e di proprietà pubblica, indagini scientifiche condivise, analisi eseguite da un laboratorio d’eccellenza (CRMF2), e l’impegno economico che normalmente viene riservato a ricoprire il prestito e la movimentazione delle opere, questa volta impiegato per qualcosa che non sarà fine a se stesso ma risponderà contemporaneamente alle esigenze di progetto espositivo e a dotare le opere di un curriculum diagnostico che sarà utile per la loro conservazione.
Cosa si può volere di più?