Questo “San Francesco” è un’opera cosiddetta “primitiva”, di Margherito da Arezzo, pittore celebrato già da Vasari, suo conterraneo, che lo menziona nelle “vite” con il superlativo di “Margaritone” attribuendogli molte opere anche di scultura lignea e architettura, secondo una concezione rinascimentale di artista poliedrico.
Essendo dunque Margaritone, fra gl’altri pittori di que’ tempi che lavoravano alla greca, tenuto eccellente, lavorò a tempera in Arezzo molte tavole”
(Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), Vita di Margaritone pittore, scultore et architetto aretino)
L’unico documento a noi arrivato in cui il pittore viene esplicitamente menzionato risale al 1262. Si suppone quindi che abbia operato principalmente dal 1225 al 1275. In questi anni dipinse più volte frate Francesco.
E’ un dato che non sorprende considerando la grande diffusione che ebbe in quegli anni il culto del Santo, canonizzato due anni dopo la morte (1226), e destinato a diventare patrono di Italia e ricordato il 4 Ottobre.
L’opera è esposta nella Pinacoteca Nazionale di Siena di cui rappresenta una delle perle essendo una vera e propria rarità, soprattutto perché firmata.
L’opera è stata da noi analizzata e quindi pubblicata all’interno del database “Sotto l’Oro”.
Radiografia, riflettografia e analisi non invasive della tavolozza pittorica, realizzate con questa finalità, ci hanno permesso di scoprire come l’opera, su tavola, sia stata eseguita secondo i canoni tradizionali. La radiografia ha evidenziato un supporto costituito da un’unica asse di legno e la presenza del “cencio di nonna” posto sulla tavola al di sotto del gesso di preparazione, così come descritto da Cennino Cennini, per assorbire le variazioni della tavola e garantire una maggiore stabilità, sistema che ha funzionato, considerato il buono stato di conservazione dell’opera!
Il confronto tra radiografia e riflettografia ha mostrato sottili incisioni a limitare la sagoma del Santo. L’underdrawing, che non presenta pentimenti, invece è stato eseguito a pennello, con un materiale carbonioso, ed infine l’XRF ha potuto riconoscere l’utilizzo di una palette di colori tradizionali: biacca, ocre e terre.
L’opera costituisce una delle più antiche rappresentazioni del santo, forse però successiva a quella sempre ascritta allo stesso pittore, conservata nel Museo Nazionale di Arte Medievale e Moderna di Arezzo.
In quella tavola, infatti, la radiografia ha mostrato che inizialmente il santo aveva una diversa foggia del cappuccio, che era a punta, non indossato ma lasciato pendente al lato del collo. La versione visibile presenta invece la stessa iconografia del Santo che si vede nella tavola di Siena.
La modifica del cappuccio è stata legata alla storia dell’Ordine Francescano, che comportarono aggiustamenti nella foggia dell’abito.
Margheritone fu studiato e rivalutato dal Longhi che vide in lui la premessa al superamento della lezione bizantina. Longhi lo riteneva il più importante pittore aretino del tempo e lo definiva “un incantevole caposcuola della prima metà del secolo”, elogiandone la freschezza e l’originalità pittorica. E sostenendo che le caratteristiche più “arcaiche” della pittura di Margaritone non sono da interpretate come un segno di provincialismo ma piuttosto come tratti stilistici di un vero pioniere della storia dell’arte.