Il recente ritrovamento di una rarissima porcellana cinese ci riporta alla mente un’altra notevole scoperta per l’arte e la tecnica orientale in cui siamo stati coinvolti.
Pochi giorni fa, grazie ad una ricerca iniziata nel 2014, è stata identifica all’interno della collezione del museo di Dresda, una ciotola RU appartenente alla dinastia Song. Un esemplare simile era passato in asta, e aggiudicato, nel 2017, alla cifra record di 37,7 mln di dollari.
Di uso esclusivo della corte imperiale, il colore di queste porcellane è una particolare sfumatura blu resa possibile dalla presenza dell’agata. Poeticamente viene descritto come “blu del cielo in una radura fra le nuvole dopo la pioggia”. Altro che blu Tiffany.
Sempre su un oggetto di origine orientale, ancora il colore, anzi la sua importazione e il suo utilizzo, sono stati oggetto di una scoperta fatta lavorando insieme a S.T.Art-Test e lo studioso Riccardo Montanari.
Scopo originario della ricerca era dimostrare come le indagini non invasive potessero essere alternative a quelle microdistruttive e dirimenti nell’autenticazione delle porcellane orientali. Privilegiando quindi la diagnostica non invasiva, lo studio vide protagonista una porcellana policroma smaltata Mukozuke, anche questa molto rara, prodotta nel periodo Kan’ei.
In particolar modo le analisi indagarono i pigmenti blu e gialli. Il giallo sorprendentemente risultò essere Giallo di Napoli, una novità per la produzione giapponese. Una scoperta un po’ destabilizzante.
Ma questo dato fu incrociato con le fonti storiche, e si arrivò a comprendere come furono i Gesuiti ad importare, nella loro missione in Giappone, la tecnica rinascimentale della decorazione della maiolica e quindi l’utilizzo di questo giallo.
Solo successivamente i vasai giapponesi trasferirono questo knowhow ai colleghi cinesi.
Un altro passo nell’infinito percorso della ricerca. Qui l’articolo per chi volesse approfondire