Tutti i dettagli sulla discussa attribuzione del Giudizio Universale di Ginevra
È di questi giorni una di quelle notizie che fa scalpore e rimbalza su tutti i media, ed Art-Test vi è stata coinvolta direttamente.
La storica dell’arte spagnola, dr. Amel Olivares, ha attribuito a Michelangelo Buonarroti una tela di lino di 96,5×81,3 cm dipinta a olio e raffigurante il Giudizio Universale in versione “riassunta”. La tela è ora conservata nel caveau di una banca di Ginevra.
La notizia potrebbe davvero essere una bomba, non solo perché si tratta di Michelangiolo, e le opere del fiorentino sono in assoluto davvero poche; non solo perché ancora meno sono i dipinti documentati del maestro, anzi, è uno solo, il Tondo Doni degli Uffizi, ma anche perché questo sarebbe l’unico dipinto di sua mano fatto con la tecnica ad olio.
Dunque una rarità nella rarità, che cambierebbe la storia dell’arte.
La studiosa, accompagnata da alcuni esperti in varie discipline, ha tenuto una lunga conferenza stampa presso la sede della Stampa Estera a Roma, e lì ha motivato, con dovizia di particolari, il perché della sua attribuzione.
La dr. Olivares ha riferito che ha cominciato i suoi studi sulla tela diversi anni fa, e, per cominciare, visto l’iniziale non buono stato di conservazione dell’opera, ha fatto realizzare ad Art-Test la sola riflettografia, per vedere meglio sotto la spessa vernice.
L’interesse della studiosa si è focalizzato su una testa barbuta nel gruppo dei salvati in basso a sinistra, dall’evidente somiglianza con i ritratti conosciuti del Buonarroti.
Nella riflettografia ha notato un leggero strabismo nello sguardo, e questo per lei è stata una prima prova della possibile autografia del Maestro, poiché pare che Michelangelo abbia usato questo “trucco” in alcune sue opere, come il David e il Mosé, uno stratagemma per far sì che lo spettatore, pur muovendosi, abbia l’impressione che lo sguardo della figura lo segua in tutte le posizioni.
Sempre proseguendo su questo volto, grazie anche all’apporto di una specialista di antropologia forense, ha riportato un elaborato confronto con altri ritratti del maestro, autografi e di altri pittori, per arrivare a stabilire che si tratta effettivamente del ritratto di Michelangelo.
Poi ha spostato l’attenzione sul Cristo al centro del dipinto, che non ha la barba, e su questo ha passato la parola a monsignor Josè Carrasco, esperto di iconografia, che ha spiegato che da sempre Cristo è ritratto sia con la barba che senza, seguendo due modelli iconografici di origine diversa.
Durante la conferenza si sono poi illustrati i legami con il dipinto di Alessandro Allori ora alla Santissima Annunziata di Firenze con soggetto simile, il Giudizio Universale appunto. Una enorme tavola, situata in una posizione non facilmente raggiungibile, poiché la cappella dove si trova oggi è piuttosto piccola.
Anche su questo Art-Test, sempre su richiesta della studiosa, per consentirle di fare i dovuti confronti, ha acquisito, in maniera abbastanza eroica dati gli spazi, una riflettografia a scanner, ovvero con lo stesso strumento che era stato utilizzato per la tela di Ginevra.
Quest’ultima indagine è stata fatta in tre punti, e cioè sul volto di Cristo, sul ritratto di Michelangelo e sulla parte bassa della tavola, dove c’è una scritta che dice che Allori in questo dipinto ha copiato un’invenzione di Michelangelo.
L’obiettivo di queste analisi era essere in grado di mettere a confronto gli stessi particolari nelle due opere, e da qui l’uso dello stesso strumento per entrambe.
La dr. Olivares ha poi proseguito illustrando con altri argomenti a favore dell’autografia, come quelli relativi ai materiali utilizzati (che non sono stati analizzati da Art-Test), e la descrizione anatomica delle figure e anche alcuni documenti archivistici.
Il lavoro illustrato è stato molto lungo ed articolato.
Finita la presentazione, è iniziata la discussione tra gli studiosi, che in molti casi hanno rilevato come questa conferenza lasci però molti più dubbi che certezze, soprattutto in relazione ad argomenti squisitamente storico artistici.
La somiglianza della testa sulla sinistra con i ritratti di Michelangelo, presentata come elemento probante, non è sembrato un argomento molto forte, poiché di Michelangelo esistevano moltissimi ritratti, a cominciare da quello famosissimo di Jacopino del Conte, e quindi era molto facile per un pittore ritrarre Michelangelo, anche senza essere Michelangelo.
Inoltre, se si conosce la personalità del maestro fiorentino e il suo macerato rapporto con la fede, appare alquanto improbabile che abbia voluto raffigurarsi tra i salvati, e per di più modellando la propria immagine su di un ritratto realizzato da un collega.
Possiamo poi ricordare che Michelangelo non amava la pittura a olio, almeno stando al racconto di Vasari, che nelle Vite ricorda che Michelangelo in una disputa con Sebastiano del Piombo disse “che non voleva farla se non a fresco, e che il colorire a olio era arte da donna e da persone agiate e infingarde come fra’ Bastiano”.
Decisamente, la pittura a olio, con i suoi effetti di morbidezza, trasparenza e profondità, era estranea alla sua poetica.
Ma gli elementi che più di tutti mettono in crisi questa attribuzione sono tre.
Il primo è che quest’opera è molto lontana dal livello di esecuzione solito all’artista, anche se si trattasse di un bozzetto. La pittura in questione presenta colori molto più piatti rispetto a quelli dell’affresco vaticano.
Mancano quasi del tutto i cangiantismi (si osservi, per esempio, la tunica della Vergine), le figure hanno un rilievo decisamente meno statuario rispetto a quelle della Cappella Sistina e presentano errori di proporzione che Michelangelo difficilmente avrebbe commesso, data la sua bravura e attenzione allo studio del corpo umano.
Il secondo è la ricostruzione del rapporto col dipinto dell’Allori alla Santissima Annunziata, che secondo Olivares sarebbe stato realizzato sulla base dalla tela conservata a Ginevra che Michelangelo avrebbe donato quale bozzetto all’Allori.
La tela di Ginevra potrebbe però essere invece non là fonte ma la copia della pala di Allori, che a sua volta nasce come un omaggio dichiarato all’opera di Michelangelo, come peraltro sostenuto dal Vasari, contemporaneo di entrambi. Nel testo vasariano non esiste alcuna menzione di un dono, ma viene detto che Allori si ispirò al “Giudizio di Michelagnolo Buonarroti”, da intendersi ovviamente come quello della Cappella Sistina (“Ha [Allori] dipinta e condotta tutta di sua mano con molta diligenza la cappella de’ Montaguti nella chiesa della Nunziata, cioè la tavola a olio e le faccie e la volta a fresco. Nella tavola è Christo in alto e la Madonna in atto di giudicare con molte figure in diverse attitudini e ben fatte, ritratte dal Giudizio di Michelagnolo Buonarroti”).
Infine il terzo elemento sembra definitivo, ovvero la presenza delle “braghe” sulla tela di Ginevra. La famosissima copertura delle nudità delle figure della Sistina avvenne, come si sa, a opera di Daniele da Volterra nel 1565, ovvero dopo l’avvenuta morte di Michelangelo, che quindi queste braghe non le avrebbe mai viste.
In questo caso, come in molti altri, le riflettografie forniscono dei dati in più, rispetto a quello che è visibile ad occhio nudo, sulla genesi e lo stato di conservazione di un dipinto, dati che però devono essere interpretati, e sulla cui interpretazione, che rientra spesso nell’ambito dell’aspetto stilistico e storico artistico, ci possono essere opinioni degli storici dell’arte motivate e anche molto diverse tra loro.