La campagna diagnostica svela i segreti di questo eccezionale dipinto, e della sua valorosa autrice

La super galleria Robilant+Voena a New York ha presentato una mostra, che si è chiusa il 10 febbraio 2024, dal titolo “Ahead of Her Time: Pioneering Women from the Renaissance to the Twentieth Century”. La galleria proponeva una fantastica selezione di opere eseguite da oltre 20 artiste dal XVI al XX secolo, muovendosi tra Italia, Inghilterra, Francia e Stati Uniti. Un’altra particolarità dell’esposizione era che la maggior parte delle opere non era mai stata esposta prima al pubblico per intere generazioni, visto che appartenevano a collezioni private. Così, in mezzo alle opere di Orsola Maddalena Caccia, Rosalba Carriera, Giulia Crespi, Lavinia Fontana, Fede Galizia, Angelica Kauffmann e molte altre, è spuntato un nuovo capolavoro di Artemisia Gentileschi, una Maddalena Penitente proposta dalla Galleria newyorkese a ben 7 milioni di dollari!

Tanto per dare un riferimento, durante l’European Art Fair (Tefaf) a Maastricht di questo marzo 2024, dove è apparsa in vendita la Maddalena Penitente, un raro dipinto giovanile di Vincent van Gogh, “Testa di contadina con un copricapo bianco”, è stato quotato con un prezzo richiesto di 4,9 milioni di dollari.

Siamo dunque di fronte a una nuova Artemisiamania, ma anche a un fenomeno di grande rivalutazione delle opere di pittrici che sul mercato stanno avendo un vero e proprio boom, successo che si potrebbe anche leggere in controluce come un risarcimento legato al senso di colpa che la società, e l’ambito degli studi artistici in particolare, vive nei confronti di queste artiste, spesso volutamente escluse dalla storia dell’arte perché comunque sempre considerate un po’ di serie B.

Copertina del libro dedicato ad Artemisia da Anna Banti

La fama di Artemisia in particolare, come però di tutti i pittori caravaggeschi, è davvero recente, e risale alla mitica mostra organizzata da Roberto Longhi nel 1951 a Palazzo Reale a Milano dal titolo Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi. Artemisia Gentileschi ha però avuto una storia tutta sua, potremmo dire romanzesca, non solo per i noti dettagli della sua vita, ma soprattutto perché fu proprio un romanzo a riportarla all’attenzione del grande pubblico. Anna Banti, pseudonimo di Lucia LoPresti, non a caso moglie di Roberto Longhi, nel 1947 pubblica un romanzo dedicato alla intensa e sfortunata vita della pittrice, e da lì la sua fama non ha subito flessioni.

Riguardo al romanzo della Banti, c’è un altro piccolo dettaglio “romanzesco” che vale la pena ricordare. La scrittrice e critica d’arte nella primavera del 1944 aveva praticamente ultimato il suo racconto biografico, ma nell’agosto di quello stesso anno il manoscritto finisce distrutto nei bombardamenti tedeschi su Firenze. Con «ostinazione accorata» la scrittrice torna allora al suo personaggio, «pittrice valentissima» ma soprattutto «una delle prime donne che sostennero colle parole e colle opere il diritto al lavoro congeniale e a una parità di spirito fra i due sessi». Il risultato fu appunto Artemisia: un libro di forti emozioni, chiaroscuri e identità nascoste, proprio come la pittura caravaggesca di Artemisia.

Il capolavoro ritrovato e proposto dalla Galleria Robilant+Voen è uno dei soggetti preferiti da Artemisia, una Maddalena penitente, un olio su tela di 81×68,5 cm. Proviene da una Collezione privata in Florida e non lo si vedeva esposto al pubblico da molti decenni.

Raffigurata di tre quarti, la bella Maddalena medita con malinconia sul suo passato. Con la destra accarezza un teschio che sembra quasi dorato, un color ocra che stempera la forza macabra dell’oggetto, fondendosi con l’ambientazione del dipinto fino a rendere il teschio un oggetto quasi decorativo. Maddalena, con ricche vesti addosso, scopre voluttuosamente il generoso décolleté fino al punto di mostrare un dettaglio particolarmente sensuale, e reca preziosi gioielli, ricordi visibili del suo passato di cortigiana.

In questa composizione, attribuibile agli anni 1625-30, emerge come la pittrice, dopo una fase più strettamente ispirata alla pittura caravaggesca, recuperi poi quello che è stato definito il costumismo caratteristico della pittura fiorentina di questi anni, cioè la grande attenzione data dai pittori toscani e fiorentini in particolare ai dettagli delle stoffe, delle decorazioni dei gioielli. Non va dimenticato che Artemisia, pur essendo nata a Roma, è di famiglia toscana, originaria di Firenze e poi pisana.

Non solo, ma in questa opera sono ravvisabili dei riferimenti a pittori come Simon Vouet e Nicolas Régnier, presenti in questo giro di anni a Roma e importante fonte di ispirazione per la pittura della Gentileschi. Tra l’altro, a Palazzo Blu a Pisa è conservato un ritratto di Artemisia Gentileschi dipinto proprio da Simon Vouet, testimonianza tangibile dei loro rapporti. Una curiosità: la moglie di Simon Vouet si chiamava Virginia Vezzi ed era anche lei una stimata pittrice!

Senza contare i riferimenti veneziani ravvisabili dopo la sua frequentazione della città lagunare proprio di questi anni ‘20 del ‘600.

Un ulteriore elemento che emerge dall’opera è la sovrapposizione iconografica tra la Maddalena e l’Allegoria della Malinconia. Da Dürer in poi, e soprattutto in esempi celebri come le Tombe medicee di Michelangelo, la donna con la testa sorretta da un braccio denotava una malinconica meditazione sulla propria esistenza.

Immagine radiografica dove è evidenziata la posizione dell’aspide nella prima versione della tela dipinta da Artemisia

In buone condizioni, la tela è stata sottoposta a una campagna diagnostica nel febbraio 2023 che, come sempre, si è dimostrata importantissima. Infatti l’analisi radiografica ha messo in luce che inizialmente la figura femminile era stata concepita come una Cleopatra. Infatti, pur essendo nella stessa posizione, la mano destra stringeva un aspide, e il teschio e il vasetto dell’unguento sono stati inseriti successivamente. Altre analisi, come l’analisi stratigrafica insieme all’analisi dei pigmenti, hanno però dimostrato che il cambiamento iconografico è assolutamente coevo al dipinto e soprattutto attribuibile alla stessa mano dell’artista. Questo cambiamento del soggetto del quadro tramite piccole aggiunte di oggetti o di dettagli, lo si ritrova più volte sia in Orazio che in Artemisia, spesso legato al volere del committente, e quindi è una elemento in più verso l’autografia della pittrice.

Questa bellissima e melanconica Maddalena ci mostra la costante apertura di Artemisia ai diversi ambienti artistici in cui si trovò a operare. La sua straordinaria capacità di comprendere e valorizzare i le diverse caratteristiche degli artisti in mezzo ai quali veniva a trovarsi nelle diverse fasi della sua movimentata vita, la dice lunga sulle sue eccezionali doti pittoriche.

Filippo-Melli
Filippo Melli