Durante l’esplosione di Beirut del 4 agosto 2020, che ha provocato 207 morti e circa 7.000 feriti, e che ha distrutto irrimediabilmente una parte della capitale libanese, sono state ingenti anche le perdite al patrimonio. Farne l’inventario ha anche fatto emergere due dipinti fino a poco tempo fa senza attribuzione.
Lo storico dell’arte libanese Gregory Buckhakjian è convinto che le opere siano state realizzate dalla mano di Artemisia Gentileschi. E Buckhakjian conosce molto bene la storia della collezione Sursock Palace, edificio dove si trovano i dipinti -e che è stato fortemente danneggiato dall’attacco-, in quanto nel 1993, discusse la sua tesi di dottorato all’Università della Sorbona, proprio su questo argomento.
Si sa che le opere arrivarono in Libano nel 1920, con il nucleo collezionistico di Alfred Sursock, marito di Maria Teresa Serra di Cassano, napoletana, figlia di Francesco Serra, settimo Duca di Cassano. La raccolta era composta da opere di diversi artisti napoletani del Seicento, come Luca Giordano e Andrea Vaccaro, ma anche Matthias Stomer. Artisti già noti e valorizzati. C’erano anche due dipinti di non chiara attribuzione. La mano non era tra quelle più conosciute.
L’idea di Artemisia, la ebbe proprio durante i suoi studi. All’epoca, ha raccontato alla rivista Hyperallergic, “si trattava ancora del lavoro di uno studente. Quando discussi la mia tesi, i miei insegnanti mi dissero che era molto convincente e che avrei dovuto continuare la mia ricerca e pubblicarla. Ma non lo feci, perché all’epoca, dopo che tornai a Beirut, ero completamente sconvolto da quello che stava accadendo in città e mi dimenticai di Artemisia [era da poco finita la guerra civile libanese, ndr]. Le mie priorità riguardavano la città, la ricostruzione, eccetera”.
I suoi studi vennero accantonati fino allo scorso anno, quando i due dipinti furono rinvenuti tra le rovine del palazzo. Le opere sono: un Ercole e Onfale, risalenti, secondo Buckhakjian, ai primi anni Trenta del Seicento, e una Maddalena penitente del 1640 circa. Facendo una comparazione con altri dipinti, attribuiti con certezza all’artista, lo storico si è soffermato su alcuni dettagli, che rendono riconoscibili le opere di Artemisia, come i panneggi, i gioielli ed altro ancora, e ha riscontrato molte analogie.
Ercole e Onfale di Artemisia Gentileschi, danneggiato dall’esplosione
L’attuale attenzione per queste opere è anche legato all’interesse per l’artista, legato a quello per le donne pittrici che ha finalmente visto un forte incremento negli ultimi anni.
Anche se a dir la verità il nome di Artemisia è forse per lo più conosciuto per la raccapricciante vicenda del suo stupro e del processo-tortura che ne conseguì.
Una serie di eventi di cui non vorremmo sentir parlare mai più.
La Maddalena penitente è stata ceduta in prestito alla mostra Le signore dell’arte a Milano (Palazzo Reale), l’attribuzione è stata confermata da Riccardo Lattuada (specializzato in Artemisia Gentileschi). Anche la studiosa, Sheila Barker ha confermato l’attribuzione, riconoscendone i dettagli e i tratti che contraddistinguono la mano dell’artista.
Ad oggi i due dipinti sono ancora inediti: con ogni probabilità Buckhakjian pubblicherà qualche studio in merito.
Come quasi certamente le due opere subiranno un restauro, visti i danni subiti durante l’esplosione (La Maddalena esposta a Palazzo Reale presenta ancora i segni subiti durante l’esplosione), ci auguriamo che venga condotta anche una campagna diagnostica, che aiuterebbe la conoscenza della tecnica di questa pittrice straordinaria che nonostante le recenti glorie, è ancora in gran parte sconosciuta.
E una attribuzione scientifica di queste, come di tutte le opere, non può più prescindere da un confronto anche di questo tipo.