Ligozzi, pittore prestantisssimo, che fissava su carta le meraviglie di un mondo in espansione

Giu 22, 2022

Nel 1577, il Ligozzi venne chiamato a Firenze da Francesco I dei Medici, Granduca dispotico ma dai gusti raffinati, genero di Ferdinando I di Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero.

A Firenze, nonostante si fosse esaurito il ciclo del Rinascimento, era comunque presente una fitta rete di relazioni internazionali, un crocevia di uomini e saperi, un interesse per la scienza che avrebbe visto di lì a poco l’avvento di Galileo Galilei e del metodo scientifico.

Ligozzi proveniva da una famiglia di pittori e ricamatori veronesi, era in grado di padroneggiare le più varie tecniche artistiche, ma per dieci anni a Firenze si cimentò in esclusiva per i Medici, nella realizzazione di un ampio corpus di illustrazioni naturalistiche, a grandezza naturale, ora conservato al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (GDSU) -ed in piccola parte presso la Biblioteca Universitaria di Bologna-, ricevendo uno stipendio altissimo, inferiore solo a quello del Giambologna.

Questo genere di pitture era molto richiesto in quel momento, grazie alle scoperte geografiche che allargavano i confini del mondo conosciuto e riportavano di flora e fauna meravigliose, che suscitavano molto interesse presso le corti europee. Grazie alle doti straordinarie del Ligozzi, avrebbero vissuto per sempre.

Nel 2014 Art-Test, su commissione del GDSU ed in collaborazione con S.T.Art-Test, ha avuto la straordinaria possibilità di condurre una campagna diagnostica su 16 tavole dipinte attribuite a Jacopo Ligozzi con piante, fiori, mammiferi, volatili e rettili provenienti dalle più disparate zone del mondo e che il Ligozzi studiava a tal punto da realizzarne ritratti, che a detta dei suoi contemporanei “non mancavano di nulla se non di spirito”.

Si tratta, infatti, di opere fuori dal comune sia per la peculiare tecnica di realizzazione, tempera su carta, con lumeggiature in oro e in argento, sia per l’indiscutibile perfezione grafica che mostrano.

L’apprezzamento da parte della corte e di importanti studiosi di storia naturale a lui coevi, primo tra tutti Ulisse Aldrovandi, ne fecero il prototipo per tutte le immagini documentarie successive, ad esempio per la scelta di descrivere i soggetti senza ambientazione.

Lo studio minuzioso del dettaglio da parte del Ligozzi suscita ancora stupore e invita a non tralasciare neanche un centimetro di quanto dipinto e, se questa è la sensazione provata da noi studiosi e da quanti sono rimasti colpiti durante la mostra dal titolo Jacopo Ligozzi “Pittore Universalissimo” (Palazzo Pitti, Firenze, 27 maggio-28 settembre 2014) possiamo soltanto immaginare quale fu la reazione degli uomini del Cinquecento.

Nonostante l’eccezionalità di questo artista, le indagini tecnico-scientifiche sulle sue opere rappresentano una rarità. Lo studio eseguito da Art-Test rimane il più importante in termini di acquisizione dei dati e di interpretazione dei risultati.

La richiesta della committenza era stata quella di investigare e documentare, tramite l’utilizzo di analisi esclusivamente non distruttive, il modus operandi nell’impianto compositivo dell’opera ed i materiali presenti nelle campiture di colore e nella preparazione della carta, così da confermare, per le 16 tavole in analisi, l’attribuzione al Ligozzi o smentirla in favore di imitatori.

I dati elementali XRF relativi a specifici spot delle tavole sono stati affiancati da indagini ad immagine in luce naturale, al microscopio, in riflettografia IR, nell’UV e con il Metodo Multilayer©, privilegiando la riflettografia infrarossa e la fluorescenza X come metodi di indagine per la caratterizzazione della tecnica disegnativa e delle tipologie di pigmenti presenti nelle singole tavole.

Dopo aver raccolto una consistente mole di dati, a partire dallo studio della singola tavola, si è proceduto ad un’analisi d’insieme e ad un confronto tra le varie opere così da determinare se all’interno del corpus indagato esistessero delle discrepanze e delle ricorrenze significative.

L’interpretazione dei risultati ha permesso di individuare la presenza di pigmenti di tipo classico, compatibili con la datazione proposta, ovvero con il periodo di attività di Jacopo Ligozzi, su tutte le opere analizzate, anche se è bene considerare che questi furono utilizzati per un lungo periodo sia prima che dopo la fine del Cinquecento.

Un aspetto caratteristico riscontrato solo su alcune tavole, invece, è il notevole impiego di coloranti, in genere materiali organici, che purtroppo non sono direttamente rilevabili con la fluorescenza X, ma vengono dedotti per esclusione. Vi sono altre analisi che potrebbero essere complementari e dunque utili, per esempio, alla raccolta di informazioni dettagliate sui coloranti a base organica utilizzati ed ottenuti probabilmente dalla spremitura o dalla macerazione di piante e fiori.

La ricerca e lo studio del disegno preparatorio hanno però mostrato ulteriori differenze all’interno del gruppo di tavole preso in esame. Le opere firmate e datate mostrano un disegno preparatorio probabilmente realizzato ripassando a penna, o con un pennello con inchiostro a base carboniosa, un tratto a matita. La penna o il pennello usati, hanno permesso di ottenere un tratto molto sottile dell’ordine di centinaia di micrometri. Queste tavole non mostrano alcuna variazione del disegno iniziale rispetto alla versione finale.

In un secondo gruppo, ovvero quasi tutti gli altri dipinti della serie, non firmati, sono ancora presenti i contorni a matita, ma a questi si sovrappongono ripassature con un tratto più corposo, verosimilmente con un inchiostro.

Nelle opere della collezione Santarelli, invece non è visibile un disegno tracciato con medium a base carboniosa. La collezione Santarelli, comprendente un elevato numero di disegni antichi e moderni, raccolti dallo scultore fiorentino Emilio Santarelli e donati alla Galleria degli Uffizi, annovera infatti anche dipinti che sono molto simili, a prima vista, a quelli del Ligozzi, ma come vedremo, non a livello tecnico.

Durante questa campagna diagnostica sono state studiate in dettaglio due tavole della collezione Santarelli, raffiguranti rispettivamente un pesce e un crostaceo. Queste, come già detto, a differenza degli altri dipinti non solo non mostrano un disegno preparatorio realizzato con un medium a base carboniosa ma, pur essendo stati riscontrati gli stessi pigmenti degli altri, presentano un diverso utilizzo della biacca e una diversa preparazione del supporto, caratterizzato dalla presenza di Pb, assente nelle altre tavole, e da una maggiore intensità dei segnali relativi a Fe e Mn che suggeriscono una diversa preparazione della carta.

Dunque, le tavole “Santarelli” pur presentando all’osservazione ad occhio nudo, una forte somiglianza con quelle attribuite in maniera certa al Ligozzi, non presentano elementi per sostenere che siano opera della stessa mano di quelle firmate.

Si può, quindi, ipotizzare che il modus operandi del Ligozzi prevedesse un disegno preparatorio, realizzato a matita, e ripassature a penna o con un pennello molto fine. Le correzioni in corso d’opera, quando presenti, sono sempre minimali rispetto al disegno originale. Abbiamo inoltre dati certi sulla preparazione della carta e sui materiali utilizzati, incluso un copioso uso di coloranti organici.

In conclusione, possiamo dire che tramite queste analisi non invasive si è aperta la strada per una comprensione più approfondita della tecnica di realizzazione delle spettacolari tavole naturalistiche del Ligozzi e di qualche segreto in più su quest’artista poliedrico e sulla sua padronanza dei mezzi pittorici.

Presentazione realizzata in occasione della mostra

Art-Test ha avuto l’occasione di studiare anche altre opere di questo artista, ora in collezioni private.