Alla metà del Cinquecento, quando ancora è cardinale, il futuro papa Pio V decide di fondare un convento domenicano nel suo paese natale, Bosco Marengo, piccolo centro nei pressi di Alessandria, fino ad allora povero e assolutamente sconosciuto.
Non solo, a pochi mesi dalla sua salita al soglio pontificio, nell’estate del 1566, affida a Giorgio Vasari, artista all’apice del suo successo e attivo da molti anni a Firenze, l’incarico di dipingere una tavola per la chiesa del convento che era ancora in fase di costruzione, ma che avrebbe dovuto un giorno accogliere le sue spoglie.
Per capire l’ambizione di questo progetto si consideri che per l’altare maggiore, il papa chiede che sia progettata quella che Vasari descrive nella sua autobiografia come “…una machina grandissima quasi a guisa di arco trionfale, con due tavole grandi, una dinanzi et una dietro, et in pezzi minori circa trenta storie piene di molte figure che tutte sono a buonissimo termine condotte”.
Secondo il disegno preparatorio, l’altare doveva presentarsi con una struttura lignea dorata alla moda della carpenteria cinquecentesca, -purtroppo smembrato nel 1710 quando, in onore della canonizzazione di Pio V, fu eretto un nuovo altare maggiore in marmo ancora presente oggi. Tuttavia, un buon numero dei dipinti che ne facevano parte, tra cui l’opera principale il “Giudizio Universale”, sono ancora conservati presso la chiesa di Santa Croce.
Art-Test Firenze ha avuto il piacere di compiere una articolata campagna diagnostica su due dei dipinti su tavola della chiesa di Santa Croce: quella raffigurante l’ “Adorazione dei Magi” e quella che ritrae il martirio di San Pietro Martire.
Le indagini, ad eccezione di quelle chimiche su microprelievo, sono state di tipo ottico non invasivo: riflettografia IR a scansione, Multilayer (brevetto Art-Test), fluorescenza UV multispettrale, del colore e dell’IR multispettrale, termografia, radiografia digitale, fluorescenza a raggi X, rilievo 3D, FTIR e analisi stratigrafica. La sinergia tra le diverse analisi ha permesso di raccogliere quei dati e quelle informazioni che la visione diretta dell’opera non dà, ma che sono cruciali in fase di progettazione e poi di esecuzione di un ben organizzato intervento di restauro.
L’ “Adorazione dei Magi” (1566-67) fu la prima opera commissionata per Bosco Marengo con cui probabilmente Pio V volle mettere alla prova le capacità del pittore. Il 25 gennaio del 1567 la tavola era terminata e nel febbraio seguente fu inviata a Roma affinché il pontefice potesse vederla prima che fosse indirizzata alla chiesa di Santa Croce.
È una composizione complessa, affollata di personaggi attinti da un ricco repertorio, caratterizzati da sontuosi ornamenti, da elaborati panneggi e da raffinati effetti luministici e cromatici, vera e propria espressione del virtuosismo dell’artista. Il perno centrale della scena sono la Madonna e il Bambino in primo piano con i Magi inginocchiati.
L’opera si è presentata in condizioni conservative piuttosto problematiche, come il grande deterioramento della pellicola pittorica probabilmente a causa dell’umidità, e dalle analisi sono emerse le numerose ridipinture degli interventi di restauro a cui è stata sottoposta già a partire dal Settecento. Si è reso opportuno un microprelievo, esame invasivo ma necessario per conoscere la preparazione e studiarne la composizione.
Il supporto è stato analizzato a luce radente, mentre per la preparazione della tavola a base di gesso e colla animale è stato impiegato lo FTIR.
Grazie alla scansione nell’infrarosso con sensore InGaAs, che ha interessato l’area della sacra famiglia e dei Magi, è stato possibile rilevare non le tracce di riporto di un disegno preparatorio, bensì di un disegno soggiacente eseguito con più mezzi e in diverse parti a seconda del grado di avanzamento del lavoro.
Nell’insieme non si individuano importanti variazioni del soggetto dipinto, ma piccoli ripensamenti di posture e qualche pentimento. L’intera opera sembra portata a termine con molta sicurezza e senza utilizzo di cartoni il che fa pensare all’azione della mano di un solo maestro.
Molte sono state le reintegrazioni pittoriche negli anni per cui con XRF si è studiata la tavolozza utilizzata: 20 punti XRF e sottoposta all’analisi di infrarosso e falso colore.
Adorazione dei Magi, durante le indagini 3D
L’opera raffigurante il “Martirio di San Pietro Martire” era destinata alla parte retrostante dell’altare maggiore della “macchina” realizzata da Vasari, a cui contribuì anche la bottega del pittore, è data ad esempio quasi per certa la presenza di Jacopo Zucchi a cui sono attribuite alcune tavole della predella.
L’episodio dell’agguato al santo domenicano occupa la parte inferiore della scena a cui fa sfondo un panorama ricco di elementi di derivazione nordica.
La scelta dell’episodio non è casuale: la figura di Pietro da Verona, che si unì ai domenicani nel 1221, che fu nominato da Gregorio IX inquisitore per l’Italia settentrionale e che combattè l’eresia dei Catari, si sposa con la concezione religiosa domenicana del periodo della Controriforma durante il quale Pio V divenne supremo Inquisitore della Chiesa e costituì una Santa Lega con la Spagna e Venezia.
Il Martirio di San Pietro Martire, Giorgio Vasari, Bosco Marengo
Localizzazione delle aree a smaltino tramite analisi multispettrale, riportata sull’immagine della riflettografia InfraRossa
La tavola conserva la cornice cinquecentesca intagliata e dorata di forma centinata.
Anche su quest’opera la campagna diagnostica si è sviluppata su più fronti: l’indagine RX per lo studio del supporto, la luce radente per quello sul film pittorico, lo FTIR per la preparazione e l’XRF per l’imprimitura che ha confermato insieme ad alcuni microprelievi la presenza di pigmenti in uso all’epoca del pittore.
Il Vasari scrittore parla della sua tecnica esecutiva nelle sue “Ricordanze” ed è cosa nota che negli stessi anni in Italia centrale fosse diffusa una certa sperimentazione tecnica sui leganti da parte degli artisti e in questo caso sono state le analisi cross section in luce UV e FTIR a confermare la tecnica mista, insieme a un precedente intervento di pulitura.
Al di sotto della pellicola pittorica sono emerse tracce disegno preparatorio ma non di riporto, dato che fa pensare ad un’esecuzione a mano libera. L’indagine riflettografica documenta le tracce di alcuni pentimenti rilevanti e di altre varianti minori eseguite in corso d’opera con strumenti diversi (come la punta a grafite e il pennello), elementi che suggeriscono la presenza del maestro durante le correzioni ma anche di un valido collaboratore nell’atelier vasariano.
Il Martirio di San Pietro Martire, durante le indagini
La radiografia ha rivelato che l’opera fu anche stuccata e i più punti e ha confermato che sono stati effettuati piccoli interventi di risanamento del supporto.
In generale si conferma però l’estrema abilità tecnica della bottega di Vasari, le cui opere resistono quasi inalterate al passare dei secoli.
I risultati delle analisi sono stati pubblicati in vari articoli scientifici e nella pubblicazione: Vasari a Bosco Marengo. Studi per il Restauro delle Tavole Vasariane in Santa Croce, edito da SAGEP
Video del rilievo 3D dell’“Adorazione dei Pastori”
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