I falsi in campo artistico, falsi dipinti, false certificazioni, stanno attirando sempre maggiore attenzione, certamente a causa delle loro implicazioni finanziarie e culturali.
I musei e le istituzioni culturali non ne sono esenti, anzi, ma non lo nascondono più. C’è una tendenza a livello internazionale ad esibire e analizzare gli oggetti che si sono rivelati falsi e che appartengono a vario titolo alle collezioni pubbliche. Si sta finalmente portando alla luce ciò di cui in qualche modo ci si vergognava e che veniva quindi passato sotto silenzio. A beneficio della scienza e della società.
Ad esempio la conferenza FAKE, False e Real in Musei, Cultura e Società, che si è svolta il 23 e 24 novembre a Bruxelles, ha avuto lo scopo di discutere e documentare “l‘ambito delle contraffazioni nel patrimonio e nella società, principalmente nei settori del patrimonio culturale, storico e artistico attualmente nei musei e nelle istituzioni culturali“, effettivamente l’ultimo luogo in cui ci si aspetta di trovare contraffazioni.
Per due giorni circa 25 relatori hanno affrontato una gamma molto ampia di argomenti, che vanno dall’archeologia e la conservazione al giornalismo e media, alla ricerca/scienza sui cambiamenti climatici, alla diagnostica scientifica e alla criminologia e alla legislazione attuale sulle controversie sulle attribuzioni.
Con un focus su casi specifici, che sono andati dalle sirene giapponesi alle antichità greche, dai dipinti di Bruegel ai T-rex, il workshop ha incluso anche visite guidate (in cui sono stati mostrati ed illustrati esempi di falsi delle collezioni del Museo di Arte e Storia di Bruxelles), e un tour nei laboratori KIK-IRPA, per mostrare quali tecnologie vengono utilizzate per smascherare i falsi, oltre che per certificare gli originali.
I falsi intenzionali sono sempre più numerosi. I falsari agiscono attirati per lo più da un facile guadagno, considerati i prezzi a cui vengono venduti gli originali, ma, come è stato giustamente sottolineato nel workshop, gli oggetti falsificati non vengono venduti senza spesso aver creato anche documenti, lettere, immagini, cataloghi ragionati falsi. Di fatto viene creata anche una falsa provenienza. Alcuni falsari hanno addirittura creato aziende di certificazione fraudolente.
Inoltre, i falsari non sono lupi solitari, spesso lavorano in connessione e collaborazione con gruppi di persone come commercianti d’arte, esperti finanziari e talvolta persino curatori di musei.
Molto interessante è stata anche la riflessione condivisa durante l’intervento su arte e legge, in cui è stato evidenziato ciò che è realmente rilevante quando un falso è oggetto di un contenzioso in tribunale. La relatrice si è concentrata sulla legge belga, ma il principio può essere esteso a quasi tutte le giurisdizioni, ciò che è più importante è l’onere della prova che nella transazione ci sia stato dolo, e intenzione di frodare.
Una prova oggettiva deve essere portata in tribunale, prima di tutto sulla vera natura dell’oggetto. Le opinioni degli studiosi hanno dimostrato di cambiare e contraddirsi, quindi alla fine non ci sono prove inoppugnabili legate alle opinioni degli esperti. Così ciò che prevale come dato nella sentenza della corte è spesso una prova scientifica.
Durante l’evento è stato annunciata anche la creazione di un “Centro di eccellenza sulla provenienza e restituzione” belga che lavorerà anche sulla documentazione falsificata e sui certificati falsi, e che si propone di essere un centro di riferimento a livello internazionele.
Speriamo che vengano presto pubblicati gli atti di questo interessante convegno.