La “forma” dell’acqua. Come si data la carta?

Ott 2, 2022 | Autenticazioni ed attribuzioni, Servizi, Studi e Progetti

La carta ha avuto un ruolo importantissimo in tutte le culture, fin da quando fu “inventata”, perché non è solo un supporto, ma è stato (e continua ad essere) il più grande moltiplicatore culturale esistente. Ogni “foglio” porta con sé storia tecnologica e rivoluzione.

Tutto ebbe inizio in estremo oriente, dove il modo di produrla fu un segreto di stato per secoli. Fu “trasportata” dagli arabi in nord Africa, da qui arrivò fino in Spagna, passando per Fez e quindi venne diffusa in tutta Europa.

La carta filigranata si diffuse in Europa dal XIV secolo e soppiantò la pergamena, ben più costosa, nel secolo successivo.

Ma come datiamo la carta?  La prima risposta, essendo la carta un materiale organico potrebbe essere la datazione al carbonio 14. Questa però implica non solo un prelievo di circa 1 cmq ma anche una risposta non sempre corretta. Purtroppo la carta, ed in generale tutti i materiali organici, sono porosi per cui incamerano sporco e inclusioni varie come ad esempio appretti oppure materiali utilizzati per il restauro che se non opportunamente rimossi possono inficiare il risultato dell’analisi.

Ma la carta ha un enorme vantaggio rispetto agli altri supporti di natura organica: talvolta dichiara lei stessa la sua età. Osservare i fogli in transilluminazione può riservare infatti la piacevole sorpresa di trovare la filigrana detta anche la “marca d’acqua” da cui “watermark” in inglese . In realtà anche la sola presenza o meno di filoni e vergelle, ovvero delle righe verticali e orizzontali visibili in trasparenza dà informazioni utili allo studio di questo supporto. Se ritroviamo la filigrana siamo di fronte alla parte “parlante” del foglio, la forma che l’acqua ha impresso.

Si tratta di segni in forma di animali o stemmi, composizioni comprendenti lettere, anche più di una.

Ma come possiamo datare la carta partendo dalla sua “filigrana”?

In Europa dal XIII secolo le filigrane vengono impresse nella carta come certificazione di origine o di qualità. In questo modo ne identificano il centro e l’officina di produzione.

L’importanza dell’utilizzo della filigrana era ben conosciuta già nel medioevo, infatti leggiamo nel trattato di Bartolo da Sassoferrato, “Tractus de insignis et armis”: come si può vedere, ogni foglio di carta ha il suo segno, dal quale si può riconoscere da quale officina proviene la carta. Dico quindi che in questo caso il segno appartiene a colui che occupa l’edificio in cui viene prodotta la carta, sia che questo sia di sua proprietà sia che lo abbia in affitto, sia che lo si occupi a qualunque titolo, sia in parte, sia in intero, sia che lo si occupi illegalmente. Durante tutto il tempo in cui è in possesso dell’officina, non può essergli proibito di fare uso di quel segno.

Oltre ciò Bartolo di Sassoferrato pone l’accento anche su un altro aspetto ovvero come si distinguano i “marchi” degli artigiani che sostengono la qualità del proprio prodotto in relazione alla loro esperienza e quelli che evidenziano come la qualità del prodotto sia relativa alle caratteristiche naturali del luogo. Ad esempio l’importanza della qualità dell’acqua per la produzione della carta di Fabriano, pura e a basso contenuto di calcare.

Così quello che era il marchio di produzione diventa oggi per noi un elemento fondamentale per la datazione del supporto cartaceo. Questa valenza scientifica è stata in un primo momento intuita da C.M.Briquet e G. Piccard che con i loro studi attestarono l’utilità delle filigrane per la datazione di testi scritti a mano o stampati.

Confronto e riconoscimento di filigrane identiche permettono di datare il supporto con un margine di errore di pochi anni. I repertori di filigrane raccolti dai due studiosi sono poi stati alimentati con altre raccolte che permettono in questo modo uno studio di una parte considerevole delle filigrane medievali.

Art-Test negli anni ha più volte utilizzato lo studio e il riconoscimento delle filigrane come metodo di datazione della carta. L’approccio non invasivo di questo studio è fondamentale, in quanto più rispettoso del manufatto: un’indagine distruttiva richiederebbe, in questo caso, un campione di dimensioni/peso considerevole, se rapportato agli ordini di grandezza dei manufatti. Inoltre è sostanzialmente più economico.

Emanuela Massa
Emanuela Massa