Talvolta la dimostrazione di quanto possa essere utile, e sorprendente, la collaborazione tra arte e scienza nello studio di un dipinto va oltre le comuni aspettative.
E’ di pochi anni fa il ritrovamento tra gli “Olivi” che Van Gogh aveva realizzato all’aperto nel 1889, di una cavalletta rimasta intrappolata nella pittura. L’insetto era invisibile a occhio nudo date le sue ridottissime dimensioni, ed in un primo momento era stato scambiato per una piccola foglia. Nonostante l’intervento di un biologo, non fu possibile determinare in quale stagione fosse stato realizzato il dipinto, ma fu possibile asserire che l’insetto finì sulla tela già morto, dato che non sono stati rilevati segni di movimento.
Un nuovo studio sulla medesima opera ha rivelato anche la presenza di particelle di foglie secche e numerose informazioni sulla tecnica utilizzata dal pittore. Le tecniche XRF e FTIR hanno infatti fatto luce su come abbia applicato la pittura procedendo per strati e su come abbia prediletto l’accostamento dei colori complementari, consapevole dell’armonia che avrebbero creato nell’insieme.
Un aspetto curioso dello studio delle opere eseguite all’aperto è l’eventualità di scoprire informazioni sulla natura del soggetto del dipinto, al di la’ di ciò che il dipinto stesso rappresenta e vuole comunicare. Con i maestri della cosiddetta Scuola di Barbizon assistiamo alla diffusione della pittura en plein air, che sarà la cifra stilistica dei pittori generalmente indicati come Impressionisti e Post-impressionisti. Paesaggi, alberi e fiumi diventano i protagonisti delle opere insieme alla visione soggettiva dell’esecutore, che spesso procede rapidamente e ad ampie pennellate; labile diventa il confine tra bozzetto preparatorio e opera finita!
Grazie ad esempio a lettere e biografie, circa le abitudini dei pittori, siamo in possesso di numerose informazioni. Sappiamo ad esempio che Daubigny aveva approntato il suo studio su un’imbarcazione e che Monet fece lo stesso, oltre a dipingere abitualmente dal proprio giardino. Parallelamente si erano diffusi molti oggetti per dipingere all’aperto, tra cui veri e propri kit con cavalletti facilmente trasportabili, mentre lo sviluppo della fotografia costituiva un importante strumento di supporto, come nel catturare immagini di fenomeni atmosferici da rielaborare con calma dallo studio.
Le indagini diagnostiche ci permettono di sapere di più del “vissuto” di un’opera, su come il pittore abbia scelto e dosato i colori, su come abbia dato pennellate veloci prima che cambiasse la luce e su come alcune opere siano state ritoccate anche a distanza di anni.
Nei casi più curiosi, come quello di Van Gogh, ci danno anche il piacere di sentirci, almeno per un attimo, trasportati dentro il quadro, tra le foglie smosse dal maestrale.
Volete qualche altro esempio? I germogli di foglie sulla tela della “Biancheria stesa ad asciugare sulle rive della Senna” di Gustave Caillebotte e i granelli di sabbia su “Il mare a Saint-Palais” di Armand Guillamin. Anche questo è vivere l’arte…oltre a vivere di arte!!