Presentati i risultati di un progetto innovativo sull’Artemide di Castiglione della Pescaia, per riscoprirne le policromie

Le sculture antiche non erano generalmente bianche, in marmo nudo, come le vediamo oggi, ma erano dipinte, erano a colori.

Probabilmente è a causa dei processi naturali di deterioramento se la maggior parte di quelle che sono arrivate a noi non ha conservato la loro policromia. Nel corso dei secoli, si sono gradualmente sbiaditi o consumati, spogliando le superfici.

Un’estetica relativamente moderna, come quella di Winckelmann, e poi ancora di Canova, ha voluto immaginare che fossero sempre state così, facendo del marmo bianco un ideale di bellezza e perfezione formale, che ha continuato ad influenzare la nostra percezione delle statue antiche fino ad oggi.

Già a partire dagli anni ’80, però, le ricerche scientifiche con l’utilizzo di tecniche di imaging multispettrale sono state in grado di rivelare tracce delle antiche policromie, dei pigmenti o dei leganti ancora presenti in piccole aree o in piccole quantità, spesso invisibili all’occhio.

Anche l’Artemide, del primo secolo a.C, ritrovata vicino a Castiglione della Pescaia (GR), e ora in restauro presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, probabilmente prima era colorata.

Su questa abbiamo applicato un nuovo metodo di analisi, presentato alla recente conferenza Florence Heri-tech.

Oggi sono note quattro repliche in marmo di questo tipo di Artemide:
-la versione del Museo Archeologico Nazionale di Venezia;
-la statua di Artemide rinvenuta in una domus di Pompei nel 1760;
-quella rinvenuta nel 1880 a Castiglion della Pescaia;
-La copia sequestrata nel 2001 dai Carabinieri e rinvenuta probabilmente nel Lazio o in Campania;
Le quattro repliche sono state esposte nel 2023 al MAAM di Grosseto nella mostra «Una, Nessuna, Centomila»

Curiosamente, di statue molto simili a questa ne sono state ritrovate in Italia, ben 4. Così simili che le loro misure differiscono di pochissimo, sebbene lo stile vari tra una e l’altra. La statua di Castiglione della Pescaia si conferma essere forse la più raffinata nella fattura, anche se mancante della testa.

Sulla replica della Artemide scoperta a Pompei nel 1760 in una domus tra le Terme del Foro e la villa di M. Fabio Rufo è stata rilevata la presenza di molti resti della originaria policromia. Questi sono stati studiati, ed è stata ricostruita una policromia originale come nella figura qui accanto, anche se la ricostruzione ci sembra molto meno elaborata di quanto verosimilmente fosse nella realtà.

Art-Test, insieme ad una squadra che ha coinvolto specialisti dell’Opificio delle Pietre Dure, dell’Indiana University (USA), del CNR e dell’Università di Padova, ha proposto un metodo innovativo per rivelare e mappare pigmenti e leganti residui, direttamente sui modelli 3D, utilizzando modelli 3D multispettrali.

Sappiamo che tecniche ad immagine come la Fluorescenza UltraVioletta (UVF) o la Riflettografia InfraRossa (IRR) possono essere impiegate per rivelare materiali organici e condizioni di conservazione, anche quanto non visibili ad occhio nudo.

Nello studio presentato abbiamo utilizzato queste tecniche non solo per indagare le superfici, ma per ricostruire, tramite la fotogrammetria, modelli 3D separati, partendo da immagini visibili, ma anche in UVF e in IRR.

Le immagini di partenza sono state acquisite utilizzando un cellulare, rendendo così la metodologia veramente accessibile. I vari modelli ottenuti sono stati poi allineati e fusi.

Inoltre abbiamo utilizzato misure di similitudine spettrale per mappare su tutta la superficie aree che presentassero caratteristiche simili.

In pratica, tramite questi algoritmi si può selezionare un punto sul modello e verificare dove le stesse caratteristiche sono presenti nel resto della statua.

Questo approccio permette di approfondire lo stato di conservazione delle opere e visualizzarlo in 3D, e pianificare interventi di restauro.

Nel caso della scultura di Artemis, l’obiettivo è continuare lo studi, individuare i punti sui quali far eseguire ulteriori analisi, ed inoltre procedere con una nuova mappatura dopo il restauro.

I risultati del lavoro saranno presto disponibili nel volume, edito da Springer, dove saranno raccolti i lavori più importanti presentati al convegno.

Anna Pelagotti
Anna Pelagotti